Come ospitare i migranti profughi? Rispetto della Dignità, non assistenza!

Nicoletta Teodosi (Cilap-Eapn Italia): “Siamo preoccupati per le condizioni poste dalla Prefettura su come devono essere ospitati i profughi dai Comuni italiani. Tutto deciso dall’alto. Nei 35,00 euro a persona sono inclusi i famigerati pocket money che possono andare dai 2,50 euro al giorno per una sola persona, fino ai 7,50 euro per un nucleo familiare. Sono soldi destinati alle spese personali dei profughi, ma che non vengono dati loro in contanti, bensì attraverso buoni spesa oppure tipo carta bancomat. Domandiamo: perché i profughi non possono gestirsi da soli i due euro e mezzo che spettano loro al giorno e che fanno 75 euro mensili? Si può parlare di integrazione se rendiamo totalmente dipendenti queste persone, che non possono comprare con dei soldi in contanti neanche prodotti per l’igiene intima? I migranti sono solo persone da assistere, passivamente, o possono essere persone capaci di autogestirsi, di dignità? Almeno per le spese personali! Come è possibile ottenere integrazione sociale e la comprensione dei cittadini a queste condizioni? Non è questo che chiede l’Europa”.

Roma, 11 maggio 2015 – In riferimento alla situazione dei migranti profughi, e alle condizioni della loro accoglienza, Nicoletta Teodosi presidente del Collegamento Italiano di Lotta alla Povertà (Cilap)sezione italiana di European Anti Poverty Network (EAPN), ha dichiarato: “La Prefettura di Roma chiede ai Comuni dell’area metropolitana di organizzarsi per ospitare i profughi provenienti dal Mediterraneo. Bene, si dirà. Invece no, ma non perché non sono desiderati, tutt’altro. I Comuni si stanno già attrezzando. È che i Sindaci, e non solo loro, sono preoccupati. E ne hanno ben ragione. Le preoccupazioni risiedono nelle condizioni poste dalla Prefettura su come devono essere ospitati i profughi. La Prefettura stabilisce quante persone i Comuni devono ospitare, quanto costa ogni persona e come devono essere spesi i fondi. Nessuna condivisione è stata fatta con chi deve garantire la sicurezza, la salute, l’integrazione e la coesione sociale dei cittadini a livello locale. Tutto deciso dall’alto. A cominciare dalle modalità con cui sono state decise le ripartizioni dei profughi per ogni comune: una proporzione a seconda del numero dei residenti. I Comuni devono ospitare un numero di profughi pari allo 0,15% della popolazione. Senza considerare i contesti, le risorse in campo (non solo economiche, ma anche strutturali), senza cioè un’azione politica. Ancora una volta i Comuni sono dei meri esecutori dello Stato centrale e non i rappresentanti e tutori del benessere dei cittadini, anche dei profughi.

Va aggiunto qualche chiarimento, per chi ancora avesse dei dubbi o delle perplessità. La somma destinata all’accoglienza è di 35,00 euro pro capite, con i quali pagare i bisogni primari (vitto, alloggio, igiene). Ai Comuni spetta l’affidamento, possibilmente al ribasso, di questi servizi ad enti gestori esterni (privati profit o non profit).

Nei 35,00 euro sono inclusi i famigerati pocket money che possono andare dai 2,50 euro al giorno per una sola persona, fino ai 7,50 euro per un nucleo familiare. Sono soldi destinati alle spese personali dei profughi e che potrebbero gestire da sé, ma che non vengono dati loro in contanti bensì attraverso buoni spesa oppure tipo carta bancomat. Non riteniamo giusto questa modalità. Possono migliorare le cose a queste condizioni? Siamo solo noi che vediamo i profughi ospiti nelle strutture d’accoglienza chiedere l’elemosina fuori ai supermercati, agli angoli delle strade, oppure anche i Prefetti ogni tanto vanno a fare la spesa e vedono la realtà? Domandiamo: perché i profughi non possono gestirsi da soli i due euro e mezzo che spettano loro al giorno e che fanno 75 euro mensili? Come si può parlare di integrazione se rendiamo totalmente dipendenti queste persone, che non possono comprare con dei soldi in contanti neanche prodotti per l’igiene intima? Non capendo le motivazioni di queste scelte sorgono dei dubbi che esplicitiamo: i buoni spesa devono essere acquistati nei negozi precedentemente individuati e non dai migranti liberamente? Le carte tipo bancomat hanno un costo di gestione. In mancanza di chiarezza, preoccuparsi è automatico. Ma soprattutto: i migranti sono solo persone da assistere passivamente, o possono essere persone capaci di autogestirsi, di dignità? Almeno per le spese personali!

E ancora: come si pretende con un’offerta al ribasso di ottenere dei servizi di qualità, dopo quello che è successo proprio a Roma? Eppure, anche la legge meno funzionante e oggi in via di revisione, il codice degli appalti, prevede l’offerta tecnicamente e qualitativamente vantaggiosa, che è cosa ben diversa dall’offerta al ribasso.

Da un nostro calcolo si può offrire una accoglienza dignitosa senza incorrere negli orrori che abbiamo visto proprio nei mesi scorsi a Roma: facendo vivere le persone in appartamenti regolarmente affittati e non in edifici fatiscenti, seguiti da veri operatori sociali regolarmente retribuiti, coinvolgendo le organizzazioni di volontariato per inserirli nei tanti progetti di inclusione sociale. Senza sfruttati e sfruttatori. È possibile, ma è una questione di volontà. I Comuni dovrebbero farsi sentire un po’ di più se non vogliono continuare ad essere lo zerbino, quale sono, delle Istituzioni centrali. Così come gli enti gestori non accettare più le offerte al ribasso

Ufficio Stampa Cilap, Nicola Perrone, ufficio.stampa@cilap.eu

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