UN PROGRAMMA PER L’EUROPA

Dichiarazione del Movimento europeo in Italia

L’Europa non è in guerra ma le conseguenze della pandemia saranno egualmente devastanti per l’insieme della società europea soprattutto sul sistema produttivo, fra le lavoratrici e i lavoratori e sulle categorie più deboli nelle nostre comunità.

Pensiamo in particolare al vuoto fisico e culturale causato dalla strage di persone anziane e alle difficoltà pedagogiche ed educative che si stanno creando dove gli studenti non possono seguire i corsi online nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università, corsi fruibili grazie al diffuso sforzo dei docenti, degli altri operatori del settore e delle famiglie. 

Tenendo conto degli strumenti già adottati o su cui sono stati raggiunti accordi senza precedenti nell’Unione europea e più specificatamente nel Consiglio europeo del 23 aprile (BCE, BEI, SURE e linea di credito senza condizionalità del MES), noi riteniamo che la Commissione europea debba proporre al Parlamento europeo e al Consiglio che il Fondo europeo per la ricostruzione

  • sia dotato di strumenti finanziari adeguati per mettere in moto consistenti risorse pubbliche e private necessarie per l’opera di ricostruzione, sia attraverso trasferimenti (grants) che prestiti (loans)
  • sia operativo già nel 2020,
  • sia fondato su debito pubblico europeo e su emissione di titoli irredimibili o a lunga durata con immediati aiuti per la liquidità di un’economia in grave sofferenza,
  • sia affidato alla gestione della stessa Commissione,
  • sia aperto alla possibilità di un intervento temporaneo europeo nella ricapitalizzazione e nella governance di grandi complessi industriali strategici continentali incoraggiando fusioni laddove sia utile per la competizione a livello globale.

Il Fondo deve essere garantito da un ambizioso bilancio europeo sempre più finanziato da risorse proprie che, per essere rapidamente disponibili, devono essere introdotte direttamente nel quadro della capacità fiscale dell’Unione europea come quelle già suggerite dalla Commissione europea nella proposta di regolamento MFF del 2 maggio 2018 ma anche e soprattutto una border carbon tax, un’imposta sulle grandi multinazionali del web e il recupero dell’elusione fiscale in attesa di armonizzare imposte dirette come quelle sulle società affinché una quota di queste imposte siano attribuite al bilancio europeo.

Se il bilancio europeo dovesse rimanere incatenato all’1% del PIL europeo, il costo del progetto di un Piano europeo – che proponiamo di chiamare “per una prosperità condivisa” – rischierà di incidere negativamente sul Patto Verde Europeo e sulle altre linee di bilancio come la PAC, le spese finanziariamente più modeste dell’Europa per cittadini, linfa vitale per le attività non-profit e di volontariato, la coesione economica, sociale e territoriale, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, il fondo sociale europeo, la cultura e l’educazione, le azioni esterne ivi compresa la sicurezza comune anche attraverso il “Fondo europeo per la difesa”.

Il Piano europeo dovrà dunque essere aggiuntivo e non sostitutivo delle spese attualmente previste, rappresentando un’occasione unica per indirizzare gli investimenti pubblici e privati verso lo sviluppo sostenibile e diventando così una nuova parte del Patto Verde europeo. Per questa ragione noi chiediamo un ammontare complessivo quinquennale 2021-2025 di almeno 2000 miliardi di Euro e cioè di due trilioni di Euro.

In questo quadro è importante che l’azione dell’Unione europea sia coerente con l’Agenda 2030 proprio nel momento in cui si è deciso di rinviare a data da destinarsi la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP26) con il rischio di rinviare ancora una volta ogni impegno sulla lotta al cambiamento climatico.

Insieme al Piano europeo, il Parlamento europeo e la Commissione europea devono avere l’ambizione e il coraggio di elaborare e di adottare un “progetto per l’Europa“ in una prospettiva di medio periodo secondo una roadmap condivisa fra l’assemblea rappresentativa delle cittadine e dei cittadini europei e l’esecutivo che solo da essa trae la sua legittimità democratica.

Usiamo la pandemia come una opportunità per una nuova fase dell’integrazione europea centrata sui valori condivisi da tutti gli Europei.

Si deve avviare un dibattito pubblico su una trasformazione delle strutture economiche e sociali nel quadro di una più ampia condivisione della sovranità a livello europeo con elementi programmatici legati ad un eco-sistema fondato sull’obiettivo della piena occupazione creando nuovo lavoro e contrastando la precarietà.

Queste trasformazioni riguardano l’uguaglianza delle opportunità, la lotta alle diseguaglianze e allo stato di indigenza, la politica di inclusione, la riorganizzazione dello spazio e il ruolo delle città, l’organizzazione della mobilità, la redistribuzione del tempo, il ricambio generazionale e la parità di genere, le forme della partecipazione civile, la democrazia economica, una rinnovata strategia per le PMI e per il sistema cooperativo, la formazione permanente e lo sviluppo della comunicazione e del pluralismo dell’informazione.

Queste trasformazioni non posso prescindere dal quadro geo-politico internazionale in un mondo globalizzato dove l’Unione europea deve essere protagonista di un’azione a sostegno del multilateralismo, della riforma delle Nazioni Unite e delle relazioni speciali con il Mediterraneo e con il continente africano.

E’ evidente che un progetto siffatto pone la questione ineludibile delle conseguenze per il sistema democratico europeo e per le democrazie nazionali all’interno di un modello di una comunità di diritto che siamo tutti chiamati a difendere nella giornata in cui si celebra in Italia la vittoria contro il fascismo e il nazismo.

Allontanandosi da questo modello oggi ì cardini dello stato di diritto vengono pericolosamente messi in discussione in alcuni paesi dell’Unione europea come la Polonia e l’Ungheria con gravi violazioni dei principi della divisione dei poteri e delle libertà dei cittadini e alle nostre frontiere nei confronti dei richiedenti asilo

Il Movimento Europeo si impegna a contrastare questi sviluppi così come la crescente manipolazione dell’informazione e la diffusione delle cosiddette fakenews e la post-verità e invita le sue organizzazioni a fare altrettanto.

La pandemia non sta infatti fornendo soltanto pretesti al consolidamento, all’interno e all’esterno dell’Unione europea, di “democrazie illiberali”.

Essa rischia di accelerare pulsioni nazionaliste, e financo autoritarie, che facilitano inoltre solidarietà di gruppi altamente selettivi ed escludenti.

La crescente disponibilità a sacrificare fondamentali libertà costituzionali sembrano indicare una diffusa propensione ad andare oltre i limiti di quel che appare oggi purtroppo inevitabile per ragioni di carattere sanitario: a superare l’ideale della società aperta in favore di modelli più autoritari.

La noncuranza per la forma giuridica dei provvedimenti adottati rischia di creare precedenti pericolosissimi nelle mani del populismo autoritario. Si tratta di contrastare tendenze profonde che spingono a disconoscere e a rifiutare la prospettiva di un destino comune europeo e a ricercare un’ingannevole sicurezza nel nazionalismo, nell’isolamento etnico, in illusioni di salvezza autarchica.

E’ necessario e urgente far uscire l’Unione europea dai riti paralizzanti dei meccanismi intergovernativi con l’obiettivo di colmare il vuoto che separa i valori insiti nelle società europee e le incrostazioni esistenti nelle istituzioni. In definitiva si tratta di rendere il sistema europeo più trasparente e più democratico, dunque più efficace affinché tutte le opportunità che può offrire solo la dimensione sovranazionale si traducano in beni pubblici europei per tutti.

Per questa ragione noi riteniamo che il Parlamento europeo – anche in assenza di un comune impegno delle altre istituzioni europee – debba cogliere l’occasione del 70mo anniversario della Dichiarazione Schuman il 9 maggio 2020 per affermare la sua volontà di assumere un ruolo sostanzialmente costituente – a nome delle cittadine e dei cittadini che lo hanno eletto – aprendo la strada ad un salto federale e verificando chi fra gli Stati e i popoli europei sia disposto a dar vita ad un “patto rifondativo” come risposta alla interdipendenza nella dimensione planetaria tragicamente evidenziata dalla pandemia.

In questo spirito la Conferenza sul futuro dell’Europa deve essere concepita come uno spazio pubblico di dialogo transnazionale tra le dimensioni della democrazia rappresentativa e della democrazia partecipativa per fornire al Parlamento europeo – in un tempo che tenga conto dell’urgenza di rispondere alla sfida della pandemia – un’indicazione delle priorità per il suo lavoro costituente e un luogo politico per aprire un dibattito sul contenuto del “patto rifondativo”.

Roma, 25 aprile 2020 Festa della Liberazione

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